lunedì 26 maggio 2008

27 maggio confessioni con Don Mimmo Madonna

24 Maggio festa a Maria Ausiliatrice & Grazie alle sue figlie suore Salesiane.



25/5/2008«Ecco il tuo figlio! Ecco la tua madre!»
Omelia del Rettor Maggiore nella solennità di Maria Ausiliatrice. «Don Bosco è un prete, un educatore, nella vita del quale, molto presto e con continuità, Maria ha fatto irruzione concretamente e carismaticamente. Ed egli, meditando nel suo cuore gli avvenimenti mariani capitati nella propria vita, si radicherà nella persuasione che Maria è una persona viva, vicina, che riempie la storia della Chiesa con la sua presenza e la sua opera».



domenica 11 maggio 2008

13 MAGGIO FESTA DI S. MARIA DOMENICA MAZZARELLO.....




Date storiche della vita di
Madre Mazzarello


Maria Domenica Mazzarello nasce il 9 maggio 1837 a Mornese (Alessandria) da papà Giuseppe e mamma Maria Maddalena, che infondono a lei e ai suoi otto fratelli la fede religiosa.La vita di Maria è molto semplice: lavora nei campi con i fratelli ed i genitori, presta grandi opere di carità entrando a far parte della Pia Unione delle Figlie dell'Immacolata.
La sua casa sarà caldo rifugio per i malati di tifo, ed ella stessa all’età di 23 anni, nel dare conforto agli ammalati si ammalerà.Guarita ma con il fisico provato, si vede costretta a rinunciare al lavoro nei campi.Dopo aver appreso il mestiere di sarta, apre un piccolo laboratorio per insegnare a cucire alle giovani del paese... apre l'oratorio e poi una piccola casa per accogliere le bambine i cui genitori sono costretti a un lavoro lontano dal paese.L’8 ottobre del 1864 Maria Domenica incontra Don Bosco, in visita ai paesi del Monferrato insieme ai suoi giovani ed il 5 agosto 1872 nasce l'Istituto aggregato alla Società Salesiana delle Figlie di Maria Ausiliatrice (la prima approvazione diocesana giungerà nel 1876).Nel Collegio di Mornesesi Madre Mazzarello, superiora dell’istituto educativo, accoglie le educande e dopo poco tempo apre una scuola elementare. Comprende, inoltre, che è necessario avere personale competente e qualificato e per questo alcune novizie e giovani suore ottengono il diploma magistrale.Nel 1874 si apre la casa di Borgo San Martino. Nel 1876 è la volta di Torino-Valdocco, all'ombra della Basilica di Maria Ausiliatrice e accanto a Don Bosco. Nel 1877, agli occhi della giovane comunità, si spalancano altri orizzonti come Nizza (in Francia) e le missioni in America Latina. Maria Domenica Mazzarello muore il 14 maggio 1881 e lascia l'Istituto nato nove anni prima, 26 case, 166 suore, 50 novizie e 22 postulanti. La Chiesa nel 1951 proclama Maria Domenica Mazzarello "Santa di dimensione quotidiana e familiare, contemplativa operosa, capace di generare figlie che già hanno raggiunto i confini del mondo.



A VILLA CRAWFORD ALLE 18.00 S.ROSARIO A LEI DEDICATO E TANTA FESTA.......SEI INVITATO ANCHE TU

mercoledì 7 maggio 2008

TRADIZIONI POPOLARI -x ricordare o far conoscere....Buona lettura


TRADIZIONI POPOLARI - Penisola Sorrentina

Le tradizioni popolari, la leggenda del mito delle Sirene, la devozione mariana, aneddoti e curiosità, l'intarsio ligneo, nonché poeti e musicisti dei secoli passati, rivivono ancora nei borghi della penisola. Si parte da Vico Equense, comune rinomato per il Festival internazionale delle tradizioni popolari che si svolge ogni mese di agosto basato sullo scambio culturale tra popolazioni lontane, attraverso canti, balli e suoni. Rinomata è anche la Festa delle Pacchianelle, una delle più importanti manifestazioni natalizie che pullulano nella penisola. È dal 1909, infatti, che il 6 gennaio si svolge l'affascinante presepe vivente con oltre 300 figuranti che sfilano in costumi ispirati al settecentesco presepe napoletano. La suggestiva manifestazione è detta delle "pacchianelle" per la partecipazione al corteo itinerante di decine di bambine e donne che, sotto gli sguardi rapiti dei turisti, sfilano in abiti contadineschi portando in dono al bambin Gesù tanti prodotti tipici locali.

Abbandonata Vico incontriamo il piccolo centro di Alimuri. La leggenda narra che il nome di questo centro è legato ad una delle incursioni dei saraceni che, giunti dalla costa di Amalfi nel 1558, piombarono all'improvviso facendo razzie e imbarcando prigionieri. La leggenda fa risalire al grido disperato delle donne, (Aho, i mori!) il nome di Alimuri. Paese immediatamente successivo e di analoga tradizione marinara è Meta di Sorrento, come testimoniato dai palazzotti dei capitani di lungo corso e degli armatori che sorgono nel centro abitato. La tradizione vuole che nell'antichità sorgesse a Meta un tempio dedicato a Minerva sul cui sito sorge attualmente la basilica dedicata alla Madonna del Lauro.
Proseguendo lungo la costa ci si immerge nelle numerose le manifestazioni folcloristiche e religiose che nel corso dell'anno costellano il piccolo cielo di Piano di Sorrento, testimonianza della volontà di conservare inalterato un patrimonio culturale che si perde nei secoli: il Natale a Piano, nel mese di dicembre; il Carnevale, che si svolge nel mese di febbraio; la Rappresentazione storica della Passione, il mercoledì Santo, e A qualcuno piace Piano, una serie di manifestazioni artistico-culturali, che si tengono nel periodo estivo dal primo luglio al 31 agosto. Per gli amanti della letteratura, Piano offre una manifestazione permanente a sfondo culturale, denominata I Salotti letterari, nonché la Rassegna di musica classica che si tiene nel mese di maggio. Un appuntamento immancabile è la manifestazione dei Colli in festa che ogni anno, dal 26 al 29 giugno, si tiene presso la piccola frazione di Colli San Pietro e che mira a valorizzare e promuovere la cultura e le tradizioni contadine attraverso la riscoperta di antichi mestieri e mostre di carrozza d'epoca.
Si tratta della rievocazione di un'antica festa contadina risalente ad oltre mille anni fa, propiziatrice del buon raccolto, organizzata dai monaci benedettini dell'Abbazia di San Petri ad Germinam (attualmente Antico Parco del Principe) in concomitanza della quale veniva allestita una fiera, vera attrazione per i paesi limitrofi.Da Piano di Sorrento si giunge a Sant'Agnello che prende il nome dal Santo patrono venerato nella chiesa barocca sita in piazza Sant'Agnello. La tradizione vuole che i mariti delle partorienti si rechino presso la statua del Santo anche dai centri vicini per chiedere la buona riuscita del parto. Grande tradizione è legata alla tenuta della Cocummella che nel 1597 fu donata da un nobile di Sorrento, Gianvincenzo De Angelis, ai gesuiti affinchè diventasse la loro sede e che, dopo vari ampliamenti, cadde in disuso nella metà del XVIII secolo in seguito all'espulsione dei gesuiti dal Regno di Napoli.
Fu quindi soppresso e, fatta eccezione per la chiesa, divenne sede dell'odierno Hotel Cocummella, perla del soggiorno in penisola sorrentina, dove vi hanno soggiornato personaggi eminenti quali il Duca di Wellinghton, Giuseppe Bonaparte, Gioacchino Murat e lo scrittore inglese George Gordon Byron. Avvolta da un alone di mistero è la villa Nicolini, in località Marinella, della seconda metà del XVIII secolo intorno alla quale aleggiano storie di spiriti maligni e di superstizione. Si giunge quindi a Sorrento, la mitica terra delle Sirene cantata da Giovan Battista De Curtis nella famosa canzone conosciuta in tutto il mondo, Torna a Surriento, che ispirò Wagner, Giuseppe Verdi e il nostro grandissimo Enrico Caruso. Caratteristica qualificante di Sorrento è il suo artigianato soprattutto l'intarsio del legno e la ceramica. Proseguendo su Via San Nicola, infatti, si trova il fabbricato che ospita il Museo-bottega della Tarsia lignea, nato con l'intento di dare continuità alla storia della tarsia sorrentina con la progettazione e la commercializzazione di una produzione culturalmente rinnovata. Si tratta di una struttura mirata alla valorizzazione di quei comparti dell'artigianato artistico che, oltre ad un passato da documentare, hanno ancora oggi una grande realtà produttiva.
Il palazzo settecentesco che ospita questo tesoro inestimabile, è custode di mobili e di oggetti vari dell'ottocento che evidenziano gli aspetti tecnici e decorativi delle singole botteghe di intarsio dell'epoca.Il percorso continua con il forte culto religioso di Massa Lubrense che si respira soprattutto nel periodo pasquale. Da ricordare è La camminata dei 23 Casali che si svolge ogni anno nei giorni del Sabato Santo e della Festa della Liberazione (25 aprile) con lo scopo di riscoprire la macchia mediterranea all'ombra di alti uliveti. Nel corso della passeggiata ci si può soffermare ad osservare luoghi particolari e accedere ad alcune chiese minori, come S. Giuseppe a Prasiano, S. Maria del Campo e S. Maria di Loreto, solitamente chiuse e quindi sconosciute ai più.
Il 13 giugno si svolge la Festa di Sant'Antonio alla Marina del Cantone: i pescatori portano a spalla la statua del santo tra le case di Nerano per poi allontanarsi in barca, mentre i gozzi seguono in processione la statua nelle baie, per poi dirigersi verso Positano. Ci si sposta, quindi, a Punta Campanella lembo estremo della penisola, dove si vuole che Ulisse, come scrive Strabene, abbia innalzato un tempio alla dea Atena (Minerva per i romani) dopo la guerra di Troia, dove oggi si ammirano i resti di un'antica villa romana nell'area archeologica. Secondo un'antica leggenda nella mitica Punta Campanella "veleggia di notte un antico vascello, governato da una ciurma di antichi romani che blocca lo stretto tra la punta e Capri", come ricordato da Norman Douglas, che amò e visse in questi luoghi, nella sua opera "La Terra delle Sirene".

TRADIZIONI POPOLARI - delle Isole del Golfo
Quale territorio può essere più ricco di leggende e segreti legati all'arte se non quello di tre isole la cui stessa nascita è legata al mito, e dove ancora oggi si incontrano nei vicoli anziani depositari di saperi che nessun libro potrà mai riportare?Feste religiose, processioni, spettacoli pirotecnici e danze particolari, leggende e tradizioni artigianali, da ricercare nei secoli passati e da rivivere nelle tre isole del Golfo in ogni periodo dell'anno, a partire da Procida dove si celebrano feste soprattutto durante il periodo pasquale ad iniziare dal giovedì Santo con la processione degli apostoli incappucciati. La festa è organizzata ogni anno dalla confraternita dei bianchi o del ss. Sacramento, la più antica dell'isola.

Il venerdì, alle prime luci dell'alba, parte da Terra Murata la processione con carri religiosi, statue e con i "paputi" della congrega dei turchini, uomini vestiti di bianco con la mezzetta azzurra e bambini truccati da angeli, con abiti in nero e oro. Grande celebrazione anche per San Michele Patrono dell'Isola e per la Madonna del Carmine. Di quest'ultima sono custodite nell'abbazia di San Michele due statue, rispettivamente del XVII e XIX secolo. Già dal 15 luglio la statua seicentesca viene vestita dalle donne del posto con abiti intessuti di fili d'oro e poi esposta sull'altare per poi essere trasportata dopo due messe celebrate in suo onore, alla chiesa di Santa Maria dei pescatori, dove resta per una settimana prima di far ritorno all'abbazia. Ma tradizione è anche festeggiare due importanti scrittori che hanno immortalato Procida nelle loro pagine: Elsa Morante, con la sua Isola di Arturo a cui è dedicato un concorso letterario che si tiene a settembre per il testo narrativo e poetico più interessante, e De Lamartine, autore di Graziella, celebrato nella Festa della Graziella che si tiene la prima settimana di agosto nell'ambito della Sagra del mare.
In memoria di questo luogo letterario, viene scelta durante la sfilata in costume settecentesco procidano la ragazza più bella, la Graziella dell'anno.Tra una festa e l'altra non può mancare un giro tra le botteghe caratteristiche di Procida, dalla Corricella, dove si possono trovare ceramiche artigianali dipinte a mano e acquistare le tipiche casette procidane dai colori pastello e tanti soggetti caratteristici dell'isola, alle tante altre botteghe dove, tra l'altro, è possibile assistere alla lavorazione di bomboniere, oggetti per la casa o frequentare uno dei corsi pratici tenuto dalle artigiane. Ad Ischia Porto il 26 agosto si festeggia sant'Alessandro con una rappresentazione in costumi d'epoca di tutta la storia dell'Isola, accompagnata dagli sbandieratori. Ma Ischia Porto è anche la location del famoso Premio internazionale di giornalismo, Premio Ischia, che ha visto vincitori i nomi più importanti del giornalismo italiano, da Indro Montanelli ad Alberto Bevilacqua.
Ad Ischia Ponte a settembre si festeggia il Santo Patrono Giovanni Giuseppe della Croce con una processione della statua portata via mare, da Ponte a Porto, per poi tornare via terra e concludersi con colorati fuochi d'artificio. Grande tradizione è la più nota festa di Ischia, quella del 26 luglio in onore di sant'Anna, protettrice dei pescatori. Sullo scenario dell'incantevole anfiteatro naturale, davanti al suggestivo Castello Aragonese, i turisti parteciperanno alla caratteristica sfilata di carri costruiti su zattere galleggianti che si conclude con i classici "incendi" del Castello e della Torre di Michelangelo.Per Casamicciola le leggende partono dal suo stesso nome che la tradizione locale vuole discenda da una matrona romana, "Nizzola", che non potendo più camminare per i dolori alle gambe guarì completamente dopo averle bagnate nelle acque di un ruscello nei paraggi della sua abitazione. È da allora che questa zona fu chiama "Casa di Zizzola" per poi cominciare ad essere rinomata per le cure termali. Questa tradizione sarebbe avvalorata dallo stemma del comune che raffigura una donna che bagna le gambe in una sorgente. Sempre ai benefici delle acque termali è legata un'altra tradizione. Si dice che nei pressi della sorgente termale del Castiglione, è possibile fare un salutare bagno presso il Bagnitiello, dove si racconta che le acque donino la fertilità alle donne. Culto popolare o verità?... Provare per credere.
Da Casamicciola si passa a "a quel piccolo fungo" di Lacco Ameno, conosciuto in tutto il mondo grazie a Angelo Rizzoli, per ricordare dal 16 al 18 maggio il sacrificio di Santa Restituta. Si narra che la beata di origine cartaginese, non volle abiurare le proprie convinzioni religiose cristiane dinanzi al tiranno Frodino che per questo motivo la condannò ad essere bruciata viva su di una barca sospinta in mare. Per volontà divina, però, scampò al rogo e approdò nella rada di San Montano. A Forio, affacciandosi dallo straordinario belvedere della terrazza antistante la chiesa di santa Maria del Soccorso, è possibile osservare il famoso Raggio verde, un fenomeno ottico dovuto alla fusione degli ultimi raggi di sole del giorno con il colore del mare che secondo la tradizione popolare, dona tanta fortuna a chi ne viene "baciato". Anche la tradizione della civiltà contadina è molto radicata. Rinomata è la festa del lunedì in Albis: la Corsa dell'Angelo e la 'ndrezzata, danza popolare, in cui i ballerini vestiti con costumi tipici in bianco, rosso e verde e muniti di "mazzarielli" e spade di legno roteate nell'aria a ritmo di musica popolare.
La danza ha origine dai riti propiziatori dei contadini alla "fertilità" ed è comune anche a Barano dove però si svolge anche il 23 e il 24 giugno nei pressi della chiesa di San Giovanni a Buonopane, anch'essa degna di una visita. Di tutt'altra natura è la "danza lavorativa" detta "u punton", legata al lavoro comunitario di costruzione delle case isolane, che mima i movimenti e ritmi di quei lavori edili....E l'artigianato? Qui l'arte si trova anche nelle piccole cose: vasi dipinti con colori vivaci, cesti di vimini intrecciati a mano, delicati ricami e la più antica arte della ceramica. Sapienti artigiani, depositari delle antiche tecniche di lavorazione, si dedicano all'impasto della creta plasmando gli elementi primordiali che danno vita alle cose: l'acqua, la terra, l'aria. E poi? L'ultimo tocco è dato dal fuoco che contribuisce a produrre oggetti che sembrano immortali e che lasciano estasiati per le stupende decorazioni che richiamano i colori caldi ed ineguagliabili del mare, della terra, e del cielo di Ischia.
Per partecipare dal vivo alla nascita di una di queste creazioni, diverse sono le botteghe storiche da visitare, alcune delle quali hanno anche diversi secoli di storia, offrono anche laboratoro a vista e dove si trova di tutto, da una gamma infinita di brocche alle iconografie sacre realizzate dai "madonnari" del luogo, ai prodotti delle botteghe della Terra del Fuoco, angolo di paradiso a picco su Citara. Anche ad Ischia è viva la tradizione presepiale napoletana come dimostrato dalle tante botteghe, che producono, tra l'altro anche i raffinati abiti per pastori.Il tour prosegue a Capri. Dal mare si vuole sia arrivato il protettore dell'isola San Costanzo, i cui resti sono custoditi nella basilica a lui dedicata dove ogni anno si espone alla venerazione dei fedeli un antico tabernacolo. Sempre passeggiando tra i vicoli dell'isola si potrà ascoltare dagli antichi capresi il racconto legato allo Spadaro, personaggio divenuto celebre perché il primo a scalare la ripida parete rocciosa di uno dei faraglioni di Capri.
Per conoscere in maniera approfondita la storia e le tradizioni di Capri, si consiglia di indirizzare i turisti verso le libereria dell'isola, ricche di testi antichi o inediti, stampe, litografie e quadri d'epoca.Capri è rinomata anche per l'antica produzione del profumo. La leggenda ricorda che nel 1380 il padre priore della Certosa di San Giacomo, colto alla sprovvista dalla notizia della venuta a Capri della sovrana Giovanna D'Angiò, in fretta e furia preparò una raccolta dei fiori più belli dell'isola; quei fiori rimasero tre giorni nella stessa acqua ed al momento di buttarli il priore si accorse che l'acqua aveva acquistato una fragranza per lui misteriosa. Rivoltosi al religioso erudito in alchimia, ne fu individuata la provenienza nel "Garofilum Silvestre Caprese". Fu quell'acqua il primo profumo di Capri.
Infine, si suggeriscono alcune manifestazioni quali: il Capri festival Estate, da maggio a luglio, importante rassegna organistica e di musica da camera che si tiene nella Cattedrale di Santo Stefano, nella chiesa della Certosa di San Giacomo e nel teatro dell'albergo Quisisana, la Rassegna Certosa di Capri nei mesi di luglio e agosto, con spettacoli di teatro. A settembre, nella splendida Certosa si svolgono gli spettacoli musicali e di cabaret nell'ambito di Settembre a Capri. Chiudono le manifestazioni annuali il Premio letterario Curzio Malaparte, uno degli scrittori italiani più indipendenti del XX secolo, e Capri Hollywood, anteprima mondiale di film.

TRADIZIONI POPOLARI
Una tradizione antichissima:il culto delle anime purganti e le catacombe a Napoli

Luogo per eccellenza in cui da sempre leggenda e tradizione si coniugano, Napoli è la città della pizza, della canzone, dei vicoli, del sole e del mare, e visitarla significa venire a contatto con una città che, nonostante le sue problematiche, è sempre in festa e dove tutti sono pronti a rivolgere un saluto e a regalare un sorriso. Qui forte è la tradizione religiosa e festa per eccellenza è quella legata al culto del patrono San Gennaro. Ma altra tradizione particolarmente sentita dal popolo napoletano è legata al culto delle anime purganti, ossia resti mortali di persone delle quali è rimasta ignota l'identità e che per questo motivo vengono definite "pezzentelle". Non avendo avuto una degna sepoltura e non potendo fare riferimento alle preghiere dei loro cari, vagano nel purgatorio e prendersi cura di loro ha significato per molti anni, rendere concreto il bisogno, presente nella tradizione folkloristica del Meridione, di dare concretezza fisica a ciò che non può essere tangibile: l'anima.
Si tratta di una tradizione che nasce in seguito alla terribile epidemia di peste che si abbattè sulla città nel 1656, in seguito alla quale centinaia di corpi furono depositati in antiche cave di tufo nei pressi della collina di Materdei che divenne un cimitero per poveri e diseredati, accresciutosi nel corso dei secoli. Oggi questo posto è conosciuto come "il cimitero delle Fontanelle". Il culto vero e proprio nasce alla fine del XIX secolo quando fu costruita, a ridosso delle cave, la chiesa di Maria Santissima del Carmine e il padre Gaetano Barbati, con l'aiuto di alcuni devoti, mise in ordine le migliala di ossa accumulatesi. I napoletani, credendo e sperando di ritrovare in quei resti le orme di qualche antenato, cominciarono a prendersene cura "adottando" uno o più teschi, oggetto principale delle preghiere, ai quali si dava addirittura un nome, gli si offrivano fiori e foto di familiari e si costruivano delle piccole nicchie in marmo o in legno. Ovviamente si chiedevano in cambio, all'anima così "rinfrescata", favori e grazie, la guarigione da una malattia, la liberazione delle pene d'amore.
Erano proprio i teschi il simbolo delle cosiddette "anime antiche" e della continuità, perché sono ciò che resta dei morti, ciò che del passato è presente. Questo culto fu vietato nel 1969 dal cardinale Ursi perché ritenuto arbitrario, superstizioso e per questo inammissibile. Attualmente non è più praticato ma, se i giovani napoletani lo conoscono per sentito dire, gli anziani ricordano perfettamente l'importanza del culto pieno di tradizione, fede, magia e mistero e che ancora oggi è possibile rivivere in un incredibile itinerario. Prima tappa è la chiesa di San Pietro ad Aram dall'antica e misteriosa storia, così chiamata perché, secondo la tradizione, custodisce l'Ara Petri, l'altare su cui pregò San Pietro durante la sua venuta a Napoli, battezzando Santa Candida e Sant'Aspreno, qui nominato primo vescovo della città. Originariamente doveva quindi trattarsi di una edicola religiosa, fondata per preservare la reliquia. La tradizione vuole che Santa Candida avesse abitato la cripta sottostante la chiesa, alla quale si accede mediante una scala dal transetto sinistro e che, in seguito i lavori di restauro nel 1930, si è rivelata essere l'originaria chiesa paleocristiana, divisa in tre navate.
Qui sono stati scoperti alcuni scheletri dei quali in uno si è voluto riconoscere proprio quello di Santa Candida il cui teschio è divenuto oggetto di venerazione e collocato per questo in una piccola nicchia collocata di fianco all'altare della quarta cappella della chiesa sovrastante.Nata per volere di una congregazione di nobili per celebrare funzioni in suffragio delle anime del Purgatorio, è la chiesa del Purgatorio ad Arco seconda tappa dell'itinerario, così chiamata per la presenza nelle sue vicinanze di una torre medievale, distrutta al tempo del viceré don Pedro de Toledo, entro la quale si apriva un arco. Impossibile non notarla passeggiando lungo il decumano inferiore della città perché già all'esterno si presagisce, per la presenza di fittoni con teschi e femori in bronzo, l'atmosfera quasi surreale che si respira all'interno. Tutta la decorazione è incentrata su temi funebri in sintonia con il forte culto delle anime purganti attorno al quale sorse la chiesa e dove si celebravano addirittura fino a sessanta messe di suffragio al giorno. La parte più nota della chiesa è il cimitero sottostante, centro del culto delle anime del purgatorio.
Addentrandosi nella cripta tra mura spoglie e fredde, forte è il contrasto con lo sfarzo barocco della chiesa. Ma il turista non ne noterà la differenza perché, soprattutto entrando nella sala più interna, percepirà l'incredibile commistione di fede e superstizione testimoniata da scritte, santini, fiori che, seppur adesso risultano rispettivamente cadenti, spiegazzati e secchi, sono testimonianza di un popolo che credeva pienamente in questo culto e che, di conseguenza, confidava pienamente nelle preghiere rivolte a quelle "capozzelle" con le quali intrattenere una tenera conversazione fatta di baci, carezze e confidenze mormorate. Per la terza tappa dell'itinerario è necessario giungere alla Basilica di Santa Maria della Sanità dalla quale si accede a quella che un tempo fu l'ecclesia cimiteriale della catacomba di San Gaudioso, vescovo dell'Africa settentrionale, giunto a Napoli insieme ad altri ecclesiastici probabilmente nel V secolo e che qui fu sepolto. Furono i Padri Predicatori ad edificare l'odierna Basilica, a partire dal 1602, su disegno del frate domenicano Giuseppe Nuvolo (fine XVI-ini-ziXVII secolo), inglobando la chiesetta al di sotto dell'altare maggiore.
Gli stessi canonici effettuarono una ricognizione accurata del luogo e penetrarono nel retrostante coemeterium rinvenendo il sepolcro di Gaudioso e la sedia vescovile. Secondo la tradizione su questa sedia, attualmente in chiesa, sedevano le puerpere per invocare la protezione dei martiri della catacomba affinchè il parto non avesse complicazioni. Affascinante, piena di arte, tradizione e leggenda, è questa catacomba alla quale si accede dalla cripta sotto l'altare maggiore e dove viene proposto un percorso alla scoperta della più antica iconografia cristiana, testimoniata da affreschi ancora in buono stato di conservazione, ma anche di riti e usi tipici. Tra questi quello che impressionerà maggiormente i turisti, sono le cosiddette "cantarelle" o "scolatoi", sedili scavati nel tufo e con un vaso sottoposto, su cui i defunti venivano disposti a disseccare prima di essere deposti in un ossario o in una tomba privata, ma anche alcune sepolture, dovute sempre ai domenicani, che vedono i crani di alcuni defunti incassati nelle pareti dell'ambulacro mentre la restante parte della figura murata e riprodotta sulla parete ad affresco ed accompagnata da contrassegni didascalici e cronologici indicanti lo status sociale del defunto.
Se per le catacombe di San Gaudioso è attestata la diffusione del culto delle anime purganti, non può dirsi la stessa cosa per altre due catacombe: quella meno conosciuta di San Severo e quella di San Gennaro, entrambe piene di fascino e mistero che sicuramente attireranno l'attenzione dei turisti. La prima sorge presso la seicentesca chiesa omonima progettata dal napoletano Dionisio Lazzari (7-1690), dedicata a San Severo (vescovo di Napoli per un lungo arco del IV secolo), alla quale si accede dalla seconda cappella a sinistra. Riportata alla luce non più di un secolo e mezzo fa, non si potette radicare anche qui il culto delle anime "pezzentelle", ma è comunque molto suggestivo visitare questo ambiente di pochi metri quadri composto di due cubicoli, tre arcosoli e alcune tombe più povere scavate nel pavimento. Ultima tappa dell'itinerario, sono le catacombe di San Gennaro, che i turisti avranno l'opportunità di visitare dopo alcuni anni di chiusura. Di tutti i luoghi dedicati al santo in città, le catacombe sono sicuramente il luogo più suggestivo. Sono ubicate "extra moenia", fuori le mura dell'antica Neapolis poiché, secondo la consuetudine del mondo classico, i defunti non potevano essere seppelliti all'interno, ma fuori delle mura cittadine.
Risalgono al II secolo d.C. e presumibilmente sorsero attorno ad un antico sepolcro gentilizio donato alla comunità cristiana che ne fece area cimiteriale ufficiale. Qui, nel II secolo d.C., fu ospitato - sepolto e venerato - Sant'Agrippino, primo patrono di Napoli, e dopo due secoli, il martire San Gennaro, del quale furono accolte le spoglie qui traslate da Pozzuoli. Le catacombe si estendono su 50.000 metri quadrati e, essendo state scavate nel tenero tufo giallo, è stato possibile realizzare strutture architettoniche particolarmente ardite che hanno consentito la realizzazione di ampi e grandiosi ambulacri. Si tratta di una struttura particolarmente interessante perché il suo percorso è ancora oggi scandito dalla presenza di pitture paleocristiane che concorrono a fare di questo uno dei luoghi più affascinanti della "Napoli sotterranea", un fascino che viene accresciuto dalla conoscenza, tramandata da fonti antiche, che in città esistono altre catacombe, purtroppo non ancora riportate alla luce. Tra queste si ricordano: la catacomba di San Vito, la catacomba di Sant'Eufemia e quella di San Fortunato (entrambe situate nei pressi del vicolo dei Lammatari, rione Sanità) e la catacomba di Sant'Eusebio (alle spalle dell'Orto botanico). Solo di quest'ultimo ipogeo è visitabile una galleria.


TRADIZIONI POPOLARI - di alcuni paesi vesuviani -
Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia

L'itinerario vesuviano si sviluppa lungo tradizioni religiose, popolari e soprattutto artigianali di origine antichissima e tutte da scoprire. Ripercorrerle consentirà di conoscere feste, usanze, usi e costumi del popolo vesuviano e tanti laboratori artigianali dove l'arte del corallo si tramanda da generazioni. Il percorso parte da Portici, primo paese che si incontra sulla fascia costiera, dalle grandi tradizioni nobiliari e sede della Villa Reale. La tradizione vuole che quando il re Carlo di Borbone e la consorte giunsero nel porticciolo del Granatello per far visita al principe di Elboeuf che qui aveva una villa, rimasero talmente affascinati da quel luogo cosi ameno e ricco di bellezze naturali che desiderarono dimorarci e si fecero costruire una villa. Anche la corte e i nobili si fecero costruire le loro ville nei dintorni e nacque cosi il Miglio d'oro, la strada litoranea che va dalla reggia di Portici a Torre del Greco.

Da Portici il tour continua a Ercolano rinomata in tutto il mondo per gli scavi archeologici dell'antica Hercolaneum, e dove vi è una forte tradizione religiosa. Non può mancare una tappa alla Chiesa di Santa Maria a Pugliano, il santuario mariano più antico dell'area vesuviana, il cui nome discende dal nome del proprietario della terra dove fu costruito il primo oratorio: Pollius. In questa chiesa si venerava un'icona bizantina della Madonna chiamata Madonna di Ampellone o Madonna antiqua, per distinguerla da quella lignea trecentesca che ancora si vede sull'altare maggiore: la Madonna delle Grazie. A questa Madonna scura che allatta il Bambino è legata una leggenda di fondazione. Si narra che la statua in una notte di plenilunio fosse stata ritrovata da pescatori nel mare di Puglia i quali colpiti dalla sua bellezza la portarono a Resina in una piccola casa sul corso.
Ma durante la notte la statua fuggì da sola sul luogo in cui la tradizione vuole si sia fermato San Pietro e vi avesse battezzato un tale Ampellone, predicendogli che in quel luogo sarebbe sorta una grande chiesa. Così infatti è accaduto e tutta la borgata dopo la sua costruzione si chiamo Pugliano. Numerose sono le feste religiose che affascinano i turisti e i devoti che visitano Ercolano, a partire dalla festa patronale di San Gennaro fissata per il 19 settembre alla festa dell'Assunta, il 15 agosto, giorno in cui si ricorda anche il riscatto baronale della città e la festa di San Vito giorno in cui si svolge l'affascinante "volo degli angeli". Numerose sono anche le manifestazioni culturali che si snodano lungo tutto l'arco dell'anno e che rendono il soggiorno più accattivante, da ricordare il "Festival delle Ville Vesuviane" rassegna teatrale che si tiene nel mese di luglio e "L'ultima notte di Ercolano" dal primo giugno al 30 settembre presso gli scavi. A luglio e ad agosto si presenta anche il "Fresko Film", rassegna cinematografica e con cadenza biennale il "Concorso nazionale di Chitarra". Da ricordare in campo artigianale è il "Meeting Artigiano Erculanense", dove si possono ammirare prodotti artigianali e artistici locali come pittura su vetro e su sassi, lavori in legno, in ferro battuto e in tessuti e nel periodo Natalizio il rinomato "Natale ad Ercolano" dove si alternano mostre, spettacoli, concerti e rappresentazioni teatrali.
Da Ercolano il tour prosegue a Torre del Greco rinomata per la sua tradizione artigianale della lavorazione del corallo. È infatti a Torre del Greco che è stato scolpito il pezzo in corallo più antico del mondo raffigurante la statua di "Giove Serapide" ed ora conservata al British Museum di Londra. La pesca del corallo ha, a Torre del Greco, origini antichissime, ed il profitto dei corallari era sostanzioso tanto che questa pesca era definita da Ferdinando IV di Borbone la "Spugna d'oro" del suo regno. Solo verso la fine del Settecento si sviluppa la lavorazione fino ai primi dell'Ottocento quando fu impiantata la prima bottega di incisioni, per poi essere fondata la scuola di incisioni del corallo, di arti decorative e affini oggi sede dell'Istituto d'arte e dell'annesso Museo. Caratteristico è dopo una visita al Museo ammirare gli artigiani all'opera presso una delle rinomate botteghe artigiane dove quest'arte si tramanda da generazioni: il Laboratorio Ferdinando d'Amato, l'Ascione Giovanni e figlio, Massimo Luise, De Simone coralli, Rasola ed infine Liberino che possiede anche un proprio museo visitabile su appuntamento e dove si può acquistare un ricordino.
Per i più superstiziosi si consiglia l'acquisto di un corno che porta fortuna, in quanto la polvere di corallo si dice abbia un "potere magico". A Torre molto viva è anche la tradizione religiosa. Molto venerata è la Madonna Immacolata festeggiata ogni anno l'8 dicembre con una bella festa in ricordo dell'8 dicembre del 1861 quando la lava si bloccò davanti all'ingresso della città. Per ricordare l'evento ogni anno alle 11,00 in punto, ora in cui la lava si fermò, ben 150 persone portano in spalla un carro navale lungo ben 9 metri, disegnato e intarsiato ogni anno da un artista diverso e poi distrutto. Molto importante è anche la festa dei quattro altari, connessa alla rievocazione di un avvenimento storico, il riscatto della città il 5 giugno 1699, che vede l'allestimento di altari in cartapesta dipinti su tela o affrescati, tutti sormontati dal Sacramento e rappresentanti facciate di cattedrali e costruzioni fantastiche in vari stili. Da Torre del Greco si prosegue verso Torre Annunziata la cui nascita è già legata ad una leggenda. Si vuole che sia stata la Madonna, che apparsa a quattro nobili locali, abbia annunciato il desiderio di avere una cappella a lei dedicata vicino al mare e da ciò sarebbe nata Torre Annunziata.
Grande devozione vi è qui per la Madonna della Neve festeggiata il 5 agosto, e anch'essa legata ad una leggenda che vuole che nel Trecento sia stata trovata nel mare un busto di terracotta raffigurante la Vergine con il bambino, ed in quel giorno si festeggiava Santa Maria ad Nives in ricordo di una nevicata sul monte Esquilino. C'è chi narra che fu proprio a Rovigliano, che dopo il ritrovamento nevicò. Ultima tappa del percorso vesuviano è Castellammare di Stabia rinomata località termale che può vantare ben 28 sorgenti di acque curative che per la varietà della loro composizione costituiscono un complesso unico al mondo. La tradizione più radicata è il culto verso San Catello, protettore di Castellammare. A lui è legata una leggenda che riporta indietro nel tempo, quando per colpa della siccità in città si ebbe una grave carestia. È solo grazie all'apparizione del Santo ad un capitano di una nave carica di grano se la città si riusci a sfamare. Castellammare di Stabia era anche caratterizzata da alcuni antichi mestieri, alcuni estinti ed altri sopravvissuti che delineano un altro spaccato dell'antica vita.
Da ricordare l'"Ammuola fobrece", caratteristico personaggio, che era solito girare su una vecchia bicicletta, a cui venivano affidati coltelli, temperini e forbici, al fine di farne ripristinare il filo della lama, il "Masterascio", maestro d'ascia, sapiente ed esperto intagliatore specializzato in falegnameria nautica, mestiere che per decenni insieme a quello del segatore, che aveva il compito di segare grossi tronchi grezzi dell'albero, hanno costituito la fonte primaria di sostentamento di numerose famiglie stabiesi.



TRADIZIONI POPOLARI - Campi Flegrei

I Campi Flegrei sono la terra della magia, dove storia, mito e leggenda si incrociano continuamente fino a confondersi. Terra della Sibilla Cumana, per Boccaccio fu il luogo di nascita di Venere, dea dell'amore, con i suoi numerosi crateri ricchi di mille misteri, meta del Grand tour ottocentesco, un momento irrinunciabile del programma di formazione dell'europeo colto e viaggiatore, che in questo luogo poteva trovare riscontro con i racconti e le descrizioni dei classici latini e greci. Non solo mito ma anche manifestazioni e tradizioni religiose a partire dal 19 settembre giorno di attesa per il miracolo di San Gennaro protettore di San Gennaro.Ed è proprio dalla devozione religiosa che prende inizio l'itinerario, che parte da Pozzuoli presso la Basilica di San Gennaro, situata sulla discesa della Solfatara, luogo in cui il Santo martire fu decapitato.

Qui è conservata una pietra con una macchiolina rossa che si crede sangue del Santo, che ogni 19 settembre si liquefa contemporaneamente alla liquefazione del sangue nell'ampolla conservata nel Duomo di Napoli. Sempre a San Gennaro è legata la leggenda che narra un atto vandalico subito dalla statua del Santo al tempo dei corsari saraceni. Questi, con un colpo di scimitarra, ne tagliarono il naso. I fedeli più volte ordinarono a vari scultori un nuovo naso ma nessuno di quelli proposti riusci ad attaccarsi al viso mutilo. Intanto numerosi pescatori si trovarono più volte nelle reti un pezzo di marmo dalla forma strana che, scambiato per un semplice sasso veniva rigettato in mare. Fu uno di questi pescatori a riconoscere in quella pietra la forma di un naso e la portò in chiesa dove, secondo la leggenda, il sasso volò dalle mani del pescatore per tornare al suo posto di origine, tra gli occhi e la bocca della statua.
Oltre alla festa di San Gennaro è da ricordare quella del 16 novembre dedicata a San Procolo. Molto sentito è anche il culto per la Madonna dell'Assunta, madre dei pescatori a cui è dedicata una chiesetta ai piedi del Rione Terra intorno alla quale ancor oggi i pescatori, prima di prendere il largo, compiono un giro e alzano in suo onore colonne d'acqua con i remi per avere la sua benedizione. In onore della Madonna, il 15 agosto partono tre giorni di grandi festeggiamenti, giochi popolari, processioni religiose e la caratteristica gara del Palo a mare, che vede giovani arrampicarsi su un palo di legno insaponato per prendere uno stendardo apposto all'estremità. Ma i Campi Flegrei sono anche lo scenario di racconti mitologici che gravitano intorno a tre eroi:Eracle, Ulisse ed Enea.
Il mito di Eracle, eroe greco per eccellenza, identificato poi dai romani con il semidio Ercole, ha per fulcro due episodi: la "Gigantomachia", ovvero la lotta tra Zeus e i giganti che vide Eracle schierarsi a fianco del padre Zeus, e "la costruzione della via litoranea tra il Lago Lucrino e il mare", in occasione del passaggio di Eracle (Ercole per i romani) con gli armenti presi a Gerone altra delle sue dodici fatiche.Baia, invece, con le sue ville era la passerella delle "prime donne" di Roma e scenario di passioni, amori e intrighi, che si diceva fossero stimolati dall'amenità dei luoghi. A partire dalla relazione di Lesbia, donna amata da Catullo, che intesseva una relazione con Celio, il discepolo di Cicerone e che era definita bella, giovane e dissoluta, per aver tradito marito e amanti. Anche Messalina, figlia del console Barbato Messala, ebbe una villa a Baia ma, dopo aver sposato l'imperatore Claudio, per troppa bramosia incominciò a circuire Valerio Asiatico, non per il suo amore ma per impossessarsi della sua villa un tempo appartenuta a Lucullo e, non riuscì nell'intento, per vendetta lo fece incatenare e portare a Roma dove si uccise con la sua amata Poppea.
Ma Baia è anche il luogo dove morì Agrippina, fatta uccidere dal figlio Nerone, che in segno di disprezzo, si fece trafiggere nel grembo da cui era nato il figlio matricida. L'itinerario termina a Cuma dove, dopo varie peregrinazioni, approdò la Sibilla, detta appunto cumana, che vaticinava in un antro vicino il tempio di Apollo, ancor oggi visitabile e chiamato Antro della Sibilla. Le sibille erano sacerdotesse vergini con il dono della profezia che si trovavano ovunque esistesse il culto di Apollo. La storia della sibilla cumana è molto suggestiva. Si narra che la sua bellezza fece invaghire Apollo che davanti ai suoi continui rifiuti tentò di sedurla con un dono. La sibilla chiese di vivere tanti anni quanto quelli di una manciata di granelli di sabbia, dimenticando di chiedere di mantenere però l'eterna giovinezza, diventando così vecchia e decrepita con il solo desiderio di morire. Finalmente dopo anni di profezie, toccando l'argilla proveniente dalla sua terra eritrea l'incantesimo si ruppe e la Sibilla morì.
La Sibilla Cumana aveva due modi di profetare, uno verbale, più antico, favorito dalla masticazione delle foglie, e l'altro tramite scrittura magica incisa sempre sulle foglie di lauro da alcuni adepti che vi trascrivevano i vaticini da lei resi in forma di terribili litanie. I responsi non erano mai dati durante il giorno, a conferma della natura notturna e femminea del mito. La sibilla Cumana divenne emblematica del mito, per aver portato a Roma i famosi libri sibillini, una raccolta di versi sacri consultati nei momenti di crisi religiosa e politica, utilizzati fino al periodo imperiale e fatti distruggere per volere di Augusto.In tutta la zona flegrea si alternano anche varie manifestazioni. Da non perdere sono le Erculiadi che si svolgono nel mese di aprile e il Carnevale flegreo. Le Erculiadi sono una sorta di mini olimpiadi, manifestazione di sport, cultura e ambiente, in onore di Ercole, mentre il "Carnevale flegreo" offre con spettacoli di burattini, giochi, gruppi mascherati e la rassegna cinematografica Sotto le Stelle.